
Il cielo ieri era plumbeo, avvolto in un velo di nuvole pesanti che minacciavano pioggia. L'aria umida e appiccicaticcia.
Sarà che ottobre è il mese di Halloween, sarà che il clima dai colori slavati e più spenti mi rende un po' più malinconica. Sta di fatto che quel suono lento e grave delle campane ha richiamato la mia attenzione.
Tre rintocchi, ben distinti, di circa due minuti ciascuno.
Ipnotizzata dalla melodia, mi sono avvicinata alla facciata, ho salito le scale, spinto il portone pesante della Chiesa e varcato la soglia. Sono entrata e... un brivido mi è corso lungo tutta la schiena.
La sala era gremita di volti noti, alcuni in presenza, molti altri che seguivano la cerimonia in mute, da remoto. Ognuno con l’espressione affranta e rassegnata di chi ha perso un partner, un collega, un creativo.
Una melodia triste, fusa con il profumo del legno e dei ceri, faceva da ambient ai miei pensieri. Ero lì, ma non avrei dovuto esserci.
“Oggi ci ritroviamo per ricordare Laura, professionista della comunicazione che ci ha lasciato”.
Un attimo di confusione, poi finalmente ho compreso:
ERO AL MIO FUNERALE.
Nel momento esatto in cui ho realizzato che tutta quella gente era lì riunita per darmi l'estremo saluto, ho iniziato a percepire qualcosa, un rumore dentro, ma in particolar modo, fuori. Delle voci, tra i banchi:
“La tecnologia l’ha sopraffatta” diceva qualcuno.
“Ha lottato ma era inevitabile che finisse così. L’Intelligenza Artificiale è più veloce, scaltra. E' ovunque.... non aveva scampo. Era solo questione di tempo" rispondeva qualcun altro.
"E' arrivata all'improvviso e.... sbeeem! un colpo secco e l'ha fatta fuori. Chi saranno i prossimi?" faceva da eco un'ombra due file più in là.
E poi abbracci, lacrime che scorrevano, sorrisi amari e io lì, davanti al portone, immobile, che assistevo a una menzogna, all’Eterno Riposo della mia professione, secondo il Credo per cui la creatività si stia spegnendo per mano della Generative AI.
Le voci continuavano a sovrapporsi, alzavano di decibel, mischiandosi all'omelia del prete. Parlavano di me, del futuro di quelli come me, facevano congetture sul domani.
Ma come si può anche solo pensare che un algoritmo possa sostituire la passione e la follia di un atto creativo e la professionalità di saperlo governare, giustificare?
D'un tratto ho sentito un impeto che non potevo ignorare.
Ero lì, al mio funerale, in ottima salute, ancora troppo piena di energie per spegnermi.
D'istinto, di pancia, l'ho urlato, rendendo palese la mia presenza. Ho scandito ogni singola parola di quella citazione, la frase di Pirandello de Il Fu Mattia Pascal che, vai a capire per quale ragione, ho ancora stipata nel cassetto dei ricordi:
“Morto? Peggio che morto: Io sono ancora vivo”!
Allora tutti i presenti si sono voltati verso di me, sbigottiti.
"Oh, non spaventatevi. Non sono qui per spaventarvi, ma per liberarvi da questa incomprensione". Ho continuato, avvicinandomi all'ambone.
"Signori, colleghi, amici qui presenti vi prego di accettare la questione. Io sono qui, davanti a voi, nel pieno delle mie forze, così come vive sono le mie opportunità professionali.
Deve esserci stato un disguido, un processo errato, un colpevole innocente. Questo cordoglio, posso comprenderlo ma non accettarlo.
Perché la creatività non morirà oggi, nè domani, nè mai".
Nella folla, qualcuno sussurrava. Una collega, con un fazzoletto e in balia dell'emozione, si asciugava le lacrime.
"Pensate. Pensate agli amanuensi e a Guttemberg. Pensate all'invenzione dei caratteri mobili.
La stampa, oggi per noi strumento assodato, scontato, normale, rese la produzione di libri molto più veloce ed economica, portando a una diminuzione della domanda per i manoscritti.
Gli amanuensi, che copiavano a mano i testi, morirono forse? Tutto l'opposto! Si adattarono al nuovo contesto diventando tipografi e, disponendo di maggior tempo per esercitare il Pensiero critico e la Conoscenza, contribuirono attivamente alla creazione di opere stampate.
La tecnologia, signori, la tecnologia non è il nemico, ma una compagna, che vale la pena di conoscere, accogliere, con cui vale la pena intessere relazioni, di cui innamorarsi. Un'alleata che ci consente di superare le barriere e i nostri stessi limiti per esplorare le idee più audaci.
La mia/la nostra morte? Una metafora, un passo necessario per la rinascita continua, in questo mondo in costante evoluzione".
Alcuni dei presenti mormorarono approvazione. Un uomo però, scettico, si alzò puntandomi il dito contro e dicendo: "ma come possiamo fidarci della tecnologia? Ci sta portando via la nostra umanità, il nostro impiego"!
Ho quindi frugato nelle tasche, impugnato il mio smartphone e digitato la Domanda delle Domande, temendo un 42 come risposta (questa la capiscono in pochi, per approfondire il significato, invito alla lettura del romanzo "Guida Galattica per gli Autostoppisti"... ma torniamo al racconto).
E la risposta è arrivata, istantaneamente:

Sulla folla in quell'istante calò il silenzio. Poi alcuni si alzarono, altri si strinsero nei loro posti. Non capivo. Una reazione dettata dalla risposta dell'IA o dall'aver scoperto che io sono e sarò ancora qui, per loro gioia, loro malgrado?
Poco importa. Ma è al mio funerale che ho colto la bellezza collaterale e il paradosso del mio tempo: in un mondo dove l’IA diventa sempre più presente, noi guadagniamo valore. E la Storia, si ripete.
“Eppure la scienza, pensavo; ha l'illusione di render anche più facile e più comoda L'esistenza! Ma, ammettendo che la renda veramente più facile, con tutte le sue macchine così difficili e complicate, domando, io: E qual peggior servizio a chi sia condannato a una briga vana, che rendergliela facile e quasi meccanica?”. (Il Fu Mattia Pascal, L. Pirandello, 1904)
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