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DON'T LOOK UP! l'infodemia e il tradimento della Comunicazione

Aggiornamento: 13 gen 2022


Un gigantesco meteorite sta per schiantarsi sulla terra.


Due scienziati (un-sempre-nel-bel-mezzo-dei-guai Leonardo DiCaprio e una-sempre-più-ribelle Jennifer Lawrence) vengono a conoscenza del disastroso e imminente impatto. Quindi fanno di tutto per lanciare l'allarme e salvare il mondo e la razza umana.


Purtroppo però la notizia della tragedia non allarma nessuno e diventa invece un nuovo pretesto di discussione, un trend da cavalcare in rete, un argomento su cui polarizzarsi.


La scienza dichiara la fine del mondo ma il mondo è troppo impegnato per ascoltare.

Questa è la sintesi della trama di Don't look up, la novità cinematografica che - non a caso - ha fatto molto discutere sul web in questi giorni. Sono state raccolte diverse opinioni contrastanti sul film.


C'è chi afferma che si tratti di un lungometraggio brillante e rivelatore, che mette in scena il paradosso dei giorni moderni, chi invece lo ha stroncato, considerandolo un banale disaster movie natalizio:

Io, personalmente, più che un film, ci ho visto un po' tutti noi. Ci ho visto la modernità post-digitalizzazione e l'evoluzione della comunicazione. Ho captato una grande lezione da portare a casa... da apprendere ridendo e divertendosi ( il mio modo preferito di imparare😉).


Non un film quindi, non un meteorite, non del genio, nè della banale e leggera comicità.

La sola cosa che mi figuro quando rifletto su Don't look up è una grande pipa pixelata, una versione 4.0 del surealismo di Magritte.

Insomma uno schiaffo in faccia, una secchiata di acqua fredda, la notifica che ti arriva per ricordarti della responsabilità che ogni brand, ogni professionista e istituzione ha quando decide di comunicare e quanta ne ha assunto ora che comunicare è più semplice, più veloce, più democratico, più social e smart.


Don't Look Up è il remider che ricorda come certe problematiche siano spesso il prodotto di un'evidente confusione fra la rappresentazione linguistica della realtà e la realtà stessa, ovvero fra quanto viene scritto, comunicato e quanto, di fatto, è vero.


Una lezione da applicare sia nell'ambito del marketing - dove se non fatto si rischia seriamente di instaurare un gioco delle parti pericoloso con i propri clienti (approfondisco il tema nell'articolo "Da Squid Game a Brand Game - il gioco pericoloso dei marchi poco umani") - che, più in generale, nel quotidiano, nel nostro rapporto con l'altro, quello oramai sempre più schermato da social, cellulari, media e giornali.


Una lezione che da tempo, temo, non seguiamo più. Ed è giusto ricordarla.


Dal tradimento delle immagini al tradimento della Comunicazione: l'infodemia è la nuova Pipa

Magritte lo conosciamo tutti. Conosciamo ancor più il celebre dipinto che raffigura una pipa dal titolo: "La Trahison des images" ovvero Il tradimento delle immagini.


Ve lo state figurando, vero?


Una grande pipa in primo piano, a fare da protagonista su uno sfondo giallo e una didascalia a corredo: ceci n’est pas une pipe”, questa non è una pipa.


E come dare torto al buon René?! Di certo quella che ci stiamo immaginando, quella ritratta nella celebre tela e stampata nei nostri ricordi, non è affatto una pipa, ma piuttosto una sua rappresentazione. Per quanto l’oggetto sia stato rappresentato realisticamente dall'autore, resta pur sempre un'immagine, un'interpretazione dell'oggetto stesso che quindi non è in grado di compiere la sua funzione, ovvero quella di essere fumata, e per questo, non è possibile definirla come pipa.


Tutte le opere di Magritte si concentrano di fatto sul contrasto tra realtà e finzione, Diciamo che a Magritte non stavano particolarmente simpatici i colleghi realisti. Era un surrealista, che volete farci. Preferiva piuttosto mettere lo spettatore di fronte al paradosso, per scaturire una reazione, una riflessione su quanto sia complessa la comunicazione, governarla, e di come la società abitualmente guarda le cose in maniera superficiale.


Vi ricorda niente?! Tipo una pellicola, Netflix, un meteorite, due scienziati, Adam McKay...

Comunque, l’insegnamento che si può trarre, in modo più profondo da Magritte, riguarda l’impossibilità di conoscere pienamente la realtà delle cose affidandosi solo alla teoria, per quanto sia espressa nel modo più meticoloso. Anzi, con le sue opere dimostra come una maggiore definizione delle cose porta unicamente a complicarle e lo stesso accade anche nel caso contrario, quando si cerca di semplificarle al massimo.


Insomma leggero si, ma non superficiale. Complesso sì, ma non complicato.


La comunicazione dovrebbe essere questo.


Invece oggi che abbiamo i social e tanti strumenti digitali che ci consentono di indirizzare in qualunque momento a una platea più o meno estesa di persone i nostri pensieri e le nostre opinioni, le nostre giornate diventano una gara di conoscenza con i nostri simili, il cui traguardo è l’affermazione di sé, più che la conoscenza stessa. E' come se avessimo bisogno di dimostrare di saperne di più, più del compagno, più dell'amico, più del proprio padre, per poterci guadagnare un ruolo all’interno della società.


Sempre di corsa a dire cose che poi vengono smentire, e poi smentire chi ce le demolisce. E lo facciamo tutti, anche chi comunica per professione.


Ed è un po' questo il tradimento della Comunicazione, la lezione nascosta dietro al film Don't Look Up: è l'infodemia di cui siamo tutti affetti, quello tsunami di immagini, informazioni, opinioni che ci investe e che non riusciamo più a controllare. Una piogga di input dove verità e falsità, dicerie e conferme, opinioni e dati di fatto, rappresentazione e verità si confondono.


Siamo così costantemente e quotidianamente sommersi da stimoli di ogni tipo che ormai ne siamo assuefatti. Siamo inermi anche di fronte alle scene più terribili, alle notizie più sconcertanti.

Siamo tutti abili comunicatori da aver dimenticato di ascoltare.


Governiamo gli strumenti di comunicazione senza filtri a nostro piacimento, dimenticando la cosa più importante: ceci n'est pas une pipe.


Ceci n'est pas communication.

Il film di Adam McKay aiuta a ricordarci proprio questo. Che è nostra responsabilità oggi fare un ulteriore salto di qualità, allenarsi a scindere la verità dalla sua rappresentazione nel mare magnum di informazioni che ci piovono addosso, prendersi la responsabilità ogni volta che si decide di comunicare con qualcuno e per qualcuno (il proprio pubblico, il proprio collega, un cliente) di ascoltare, anche. Siano bisogni, opinioni, assiomi, teoremi, idee.


Allora sì che comunicheremo. Allora sì che torneremo a conoscere.

E ricordate, guardate sempre in alto.

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